Presidente di Assoenologi per la sezione di Puglia, Calabria e Basilicata dal marzo 2019, Massimo Tripaldi, è l’enologo della Cantina di Ruvo di Puglia.
Una figura decisiva nella cooperativa di viticultori pugliesi che conta più di 500 soci che conferiscono, ogni anno, oltre 10.000 tonnellate d’uva .
È da sei anni al fianco della Cantina di Ruvo di Puglia, che si propone come realtà produttiva di primo piano nel panorama vinicolo non solo locale, ma nazionale, anche grazie alla sua presenza e quella del suo staff.
Diplomato da enotecnico a Locorotondo nel ’94, laureato in Scienze Agrarie a Bari, ha iniziato la sua carriera ad Asti, ma l’amore per la Puglia lo ha portato prestissimo a lasciare il Piemonte per far rientro nella propria terra. Da subito ha fornito la propria consulenza a diverse aziende di vino pugliesi.
Attualmente segue molteplici aziende, cantine private, cooperative e brand di riconosciuta fama nazionale e internazionale, proprio come Crifo.
Dott. Tripaldi, lei è consulente per cooperative con più soci e per aziende private. Qual è la differenza che riscontra nell’approccio al lavoro fra le due realtà imprenditoriali?
“Ci sono due differenze sostanziali. Nel primo caso si avverte una maggiore responsabilità. Per esempio, nella Cantina di Ruvo di Puglia ho la responsabilità di più di 500 famiglie che vivono dei risultati che riesco a dare col mio lavoro. Ed è una cosa ben diversa dal lavorare per un privato dove c’è una sola famiglia che vive di questo. La cooperativa ti lega da un punto di vista morale. Almeno per me che vengo da una famiglia di vignaioli, legata a una cooperativa, e sono cresciuto in una realtà che vedeva la mia famiglia legata alla cantina di cui faceva parte. È chiaro, d’altra parte, che in una azienda viene più facile prendere delle decisioni vincolate alla scelta di un singolo nucleo familiare o impresa. Invece, in una cooperativa le decisioni passano dal consiglio di amministrazione e anche i tempi per rendere operativa una proposta si allungano, anche se devo dire che nel caso della Cantina di Ruvo di Puglia è tutto davvero molto professionale”.
In che termini?
“Nel senso che è strutturato tutto secondo settori e ogni settore ha la propria responsabilità e i propri obiettivi: ognuno ha un ruolo ben preciso e delle competenze dettagliate e circoscritte, e non si superano i confini. Chi si occupa del commerciale, chi della logistica, chi, come me, della parte tecnica, sempre in continua simbiosi, ma non oltrepassando le competenze settoriali. Questo rende molto più snello il processo di analisi delle proposte e i processi decisionali. Oltre che il tutto molto professionale. Solo al termine del raggiungimento dell’obiettivo, il risultato viene valutato dal consiglio di amministrazione”.
Allora è questo il segreto della longevità di questa cooperativa e del suo matrimonio professionale con tanti soci?
“Personalmente fa parte della mia storia professionale: con quasi tutte le aziende ho avuto rapporti duraturi, nei soli due casi in cui ho risolto la consulenza prematuramente l’ho fatto quasi subito, perché credo che le divergenze di intenti, quando ci sono, si manifestano sempre nell’immediato. Al contrario, se la compatibilità di obiettivi è chiara dall’inizio, i matrimoni durano per la vita”.
Qual è allora la sua mission per Crifo?
“Quando sono stato contattato l’obiettivo della cantina era quello di lavorare sul livello qualitativo, mantenendo e anzi ampliando le capacità commerciali, delle bottiglie da 0,75 litri. E penso che l’obiettivo sia stato raggiunto, anche se abbiamo ancora tanta strada da fare. Siamo arrivati a produrre dai 2 ai 3 milioni di bottiglie e ora contiamo di raddoppiare la produzione”.